venerdì 7 agosto 2015

USA vs(?) Africa: l'altra faccia dell'informazione




In questo caso non conosco bene la storia perché non mi sono interessato più di tanto e di conseguenza non voglio esprimere un giudizio sul fatto in sé.

Mi ha dato però molto fastidio, come sempre, la falsa morale e l'incompletezza delle informazioni sul caso del leone ucciso in Zimbabwe.
E' stato descritto come una barbara uccisione perpetrata da un dentista statunitense durante una battuta di caccia....e peraltro non mi pare che questo si discosti molto dalla realtà. Mi ha dato molto da pensare invece la reazione mondiale per questo avvenimento...e probabilmente non solo a me.

Di seguito vi riporto un articolo uscito sul New York Times il 04-08-2015 da Goodwell Nzou uno studente in "molecular and cellular biosciences" all'università Wake Forest.
Per intenderci un ragazzo dello Zimbabwe che vive negli USA!!

Quanto meno è sicuramente un punto di vista diverso che può completare l'informazione:

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In Zimbabwe, We Don’t Cry for Lions
By GOODWELL NZOU
AUGUST 4, 2015
Winston-Salem, N.C. — MY mind was absorbed by the biochemistry of gene editing when the text messages and Facebook posts distracted me.

So sorry about Cecil.

Did Cecil live near your place in Zimbabwe?

Cecil who? I wondered. When I turned on the news and discovered that the messages were about a lion killed by an American dentist, the village boy inside me instinctively cheered: One lion fewer to menace families like mine.

My excitement was doused when I realized that the lion killer was being painted as the villain. I faced the starkest cultural contradiction I’d experienced during my five years studying in the United States.

Did all those Americans signing petitions understand that lions actually kill people? That all the talk about Cecil being “beloved” or a “local favorite” was media hype? Did Jimmy Kimmel choke up because Cecil was murdered or because he confused him with Simba from “The Lion King”?

In my village in Zimbabwe, surrounded by wildlife conservation areas, no lion has ever been beloved, or granted an affectionate nickname. They are objects of terror.

When I was 9 years old, a solitary lion prowled villages near my home. After it killed a few chickens, some goats and finally a cow, we were warned to walk to school in groups and stop playing outside. My sisters no longer went alone to the river to collect water or wash dishes; my mother waited for my father and older brothers, armed with machetes, axes and spears, to escort her into the bush to collect firewood.

A week later, my mother gathered me with nine of my siblings to explain that her uncle had been attacked but escaped with nothing more than an injured leg. The lion sucked the life out of the village: No one socialized by fires at night; no one dared stroll over to a neighbor’s homestead.

When the lion was finally killed, no one cared whether its murderer was a local person or a white trophy hunter, whether it was poached or killed legally. We danced and sang about the vanquishing of the fearsome beast and our escape from serious harm.

Recently, a 14-year-old boy in a village not far from mine wasn’t so lucky. Sleeping in his family’s fields, as villagers do to protect crops from the hippos, buffalo and elephants that trample them, he was mauled by a lion and died.

The killing of Cecil hasn’t garnered much more sympathy from urban Zimbabweans, although they live with no such danger. Few have ever seen a lion, since game drives are a luxury residents of a country with an average monthly income below $150 cannot afford.

Don’t misunderstand me: For Zimbabweans, wild animals have near-mystical significance. We belong to clans, and each clan claims an animal totem as its mythological ancestor. Mine is Nzou, elephant, and by tradition, I can’t eat elephant meat; it would be akin to eating a relative’s flesh. But our respect for these animals has never kept us from hunting them or allowing them to be hunted. (I’m familiar with dangerous animals; I lost my right leg to a snakebite when I was 11.)

The American tendency to romanticize animals that have been given actual names and to jump onto a hashtag train has turned an ordinary situation — there were 800 lions legally killed over a decade by well-heeled foreigners who shelled out serious money to prove their prowess — into what seems to my Zimbabwean eyes an absurdist circus.

PETA is calling for the hunter to be hanged. Zimbabwean politicians are accusing the United States of staging Cecil’s killing as a “ploy” to make our country look bad. And Americans who can’t find Zimbabwe on a map are applauding the nation’s demand for the extradition of the dentist, unaware that a baby elephant was reportedly slaughtered for our president’s most recent birthday banquet.

We Zimbabweans are left shaking our heads, wondering why Americans care more about African animals than about African people.

Don’t tell us what to do with our animals when you allowed your own mountain lions to be hunted to near extinction in the eastern United States. Don’t bemoan the clear-cutting of our forests when you turned yours into concrete jungles.

And please, don’t offer me condolences about Cecil unless you’re also willing to offer me condolences for villagers killed or left hungry by his brethren, by political violence, or by hunger."

L'articolo, completo di migliaia di commenti, è al seguente link:
In Zimbabwe non piangiamo per i leoni


Concludo come ho fatto per tutto il post usando parole non mie:

“Stranamente, non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere che cosa succede.” 

Papa Francesco

giovedì 23 luglio 2015

vollI vollEY...volAI, ma volERO'?

Altra società, altra città, altre persone, altra vita e altri obiettivi.
Anche quest'anno si cambia e si riparte....l'importante è non fermarsi mai!
Civita Castellana sto arrivando!!

https://youtu.be/CaWZ3bh_cO4

mercoledì 13 maggio 2015

Campioni ai Fori Imperiali





“I campioni non si costruiscono in palestra. Si costruiscono dall'interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere resistenza fino all'ultimo minuto, devono essere un po' più veloci, devono avere l'abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell'abilità.”
Muhammad Ali
 
Il nuovo modo politically correct di chiamare i disabili è "diversamente abili" ...direi molto più giusto  e preciso.
Conoscendo alcune persone con disabilità di vario tipo ho capito che non hanno per forza meno capacità (o abilità che dir si voglia) di noi! Semplicemente, sono in grado di fare le stesse cose che facciamo noi "bipedi vedenti" in un altro modo, cercando altre strade: integrazione è un guadagno morale e pratico per tutti! Integrare significa conoscere più soluzioni e arricchirsi guardando il mondo da un altro punto di vista, pensando il mondo con "occhi" e mente diversi....e capire che se vogliamo che qualcosa succeda dobbiamo essere noi i primi a metterci in azione per farla accadere!!!
Nulla è impossibile se lo si vuole!!! 

giovedì 30 aprile 2015

Funamboli e fenomeni

"Per raggiungere il successo in qualsiasi settore, si deve diventare padroni di quel settore, conoscerlo da ogni punto di vista, nei minimi dettagli."
E. L. James, Cinquanta sfumature di grigio





Questo articolo mi è piaciuto molto e lo riporto così com'era scritto. E' di Silvia Raccagni ed è un post del suo blog per Volleyball.it, sito specializzato nel raccontare la pallavolo.
Il nome del suo blog è " "Il Lato B"...La pallavolo vista da un altro punto di vista... Tutto quello che... vede una pallavolista"!!!!

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Ci son fenomeni e fenomeni…

Ci son fenomeni e fenomeni... chi lo fa, chi si sente e chi lo è!

Ho visto atleti fisicamente impressionanti ma svogliati...
Ho visto atleti grandi negli atteggiamenti ma piccoli in campo...
Ho visto atleti che solo chiamarli "atleti" è un insulto...
Ho visto atleti con scarsi doti fisiche sopperire con tecnica e tenacia....


...Ma i veri atleti per me, quelli che ho sempre guardato con gli occhi che brillano son coloro che hanno l'INTELLIGENZA SPORTIVA... non quelli che fanno mille punti per forza, non quelli scenici.... no... son quelli che fanno quadrare il tutto, quelli che se li togli dal campo non sai il perché eppure qualcosa non gira, quelli che fanno le cose giuste al momento giusto, quelli rispettosi e intelligenti, quelli che non son per forza professionisti ma fantasticamente PROFESSIONALI.

C’è un’eleganza in certi atleti che supera quella della giacca e cravatta, eppure loro non sono i primi ad impressionarti, spesso non sono loro ad esser osannati e idolatrati nei palazzetti, loro di solito vengono appena dopo e se un giocatore è amato sia dagli spalti che dallo spogliatoio c’è solo da farsi fare l’autografo e tenerselo nel portafogli.

C’è un modo di guardare i giocatori dagli spalti e un modo di guardarli quando hanno la tua stessa maglia perché quando sei parte del pubblico l’occhio e il cuore vengono subito attratti da coloro che fanno tanti punti, o che son molto plateali e spettacolari, ma quando ti alleni le dinamiche son tutte diverse.

“LORO” li vedi lì senza pubblico i VERI FENOMENI, nella grandezza della loro semplicità, sono quelli che arrivano per primi ad allenamento, quelli che non gli senti mai dire “oggi non ho voglia” o “speriamo di finire presto”, quelli che raccolgono sempre i palloni prima di andare a bere, quelli che minuziosamente si fasciano le dita prima di allenamento o di una partita come se fosse il loro “buongiorno”, li vedi nelle piccole gestualità ed accortezze che hanno con una spontaneità disarmante.

“LORO” sono il bello di questo sport, quelli che non smetteresti mai di guardare quando si allenano perché innamorati di ciò che fanno, loro che hanno la “pacca sulla spalla” per ogni compagno, dal più piccolo al più grande, loro che non ti dicono cosa devi fare ma te lo mostrano dandone esempio, quelli che si mettono in discussione in prima persona, quelli che trovano sempre un modo di sorridere e di rendere tutto sempre naturale.

“LORO” sono quelli che in ogni esercizio ricercano la perfezione, sono quelli che hanno bene in testa che non si finisce mai di migliorarsi e imparare, sono quelli che la strada corretta ce l’hanno segnata nel DNA, sono quelli che sembrano non sentire mai la tensione nelle partite riuscendo comunque a viverle di tutto cuore, son quelli che al di sotto di una certa prestazione non scendono mai e che non puoi permetterti di togliere dal campo perché sarebbe come abbattere le fondamenta ad una casa.

Quando hai la fortuna di poter indossare la stessa maglia, devi essere una spugna, assorbire tutto ciò che fanno, guardarli e imparare perché gli atleti così son davvero pochi e son quelli che porterai sempre dentro di te come un esempio da seguire dentro e fuori dal campo.

Sono quegli atleti che nella confusione di una partita con il pubblico che urla, allenatori che vorrebbero entrare in campo, compagni che tremano, li guardi nella loro serenità di chi sa chiaramente che le cose possano andar bene o male senza affrontarla con la paura di sbagliare ma vivendole come una possibilità in positivo, son quei giocatori a cui daresti la “palla che scotta”.

Ciò che rende unici questi atleti è il giusto equilibrio tra umiltà e consapevolezza, nel loro sapere che il meglio di se stessi vada dato a 360 gradi e non solo nel gioco, credo che giocatori così debbano essere d’esempio per tutti perché la parola “SPORTIVO” non è rappresentata solo da un attacco nei tre metri.

Sono rari da trovare ma quando ne incontri anche solo uno sulla tua strada fidati che leggendo avrai già pensato a lui/lei perché atleti così non si dimenticano. "





...A proposito di equilibrio, dote secondo me fondamentale nella vita sociale di tutti i giorni, vi lascio con una frase che mi fa pensare molto....direttamente dal film "Matrix":

 


"Agente Smith: Desidero condividere con te - Morpheus - una geniale intuizione che ho avuto, durante la mia missione qui. Mi è capitato mentre cercavo di classificare la vostra specie. Improvvisamente ho capito che voi non siete dei veri mammiferi: tutti i mammiferi di questo pianeta d'istinto sviluppano un naturale equilibrio con l'ambiente circostante, cosa che voi umani non fate. Vi insediate in una zona e vi moltiplicate, vi moltiplicate finché ogni risorsa naturale non si esaurisce. E l'unico modo in cui sapete sopravvivere è quello di spostarvi in un'altra zona ricca. C'è un altro organismo su questo pianeta che adotta lo stesso comportamento, e sai qual è? Il virus. Gli esseri umani sono un'infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga. E noi siamo la cura."

mercoledì 11 febbraio 2015

La gioia del podio

E alla fine ce l'abbiamo fatta: vincitori della 18° coppa Italia di serie A2....

Dopo un percorso incredibilmente lungo e difficile con ostacoli superati restando sempre insieme: una vera vittoria di squadra, di un gruppo rimasto unito come non si può riuscire a raccontare in poche parole!!!

E per di più in un campionato di una difficoltà estrema e livellatissimo verso l'alto: quest'anno in A2 è difficile vincere qualcosa...ma noi siamo riusciti!!!

E per me è la seconda!!!!!




Chieti 7-8 febbraio 2015

martedì 3 febbraio 2015

...poesia romana...

T'ho dato er core ma nun t'é bastato
"..."



Poeti der trullo

Sora Rosa e Serenella

Sora Rosa era 'n cucina
da le sei de la matina.
Impastava e ppoi stenneva
mai 'n minuto se sedeva

Serenella n'arrivava
eppure quanto ce contava!
Alla dieci s'é sdegnata
co' la faccia assai 'mbronciata:
"Serene', a disgraziata!
Che te sei dimenticata?
Forza, famo colazione
Spiega a mamma 'sto musone!"

Dopo fece più attenzione
e vide la disperazione:
"fija mia che t'é successo?
Perché stai a piagne adesso?"

"A ma', te lo confesso,
ma nun stamme a fa' er processo!
Me piaceva 'n delinquente...
è 'na stella, ma cadente.

'Na storia nata già perdente.
Mo, lui dice che se pente,
che me ama, che me vòle,
ma 'o conosco, so' parole:

fa sempre er gallo fori 'e scòle,
e 'ntanto er core a me me dòle".
"Se la testa t'é partita
non pòi dire ch'é finita,

segui 'l flusso de la vita.
Fija mia io t'ho avvertita.
L'amore nun se contraddice.
'Na brava mamma nun lo dice

perché te vò vede' felice,
ma come donna benedice
er coraggio d'anna 'n fonno.
E' 'na legge de sto monno.

Er dubbio rende più feconno
er tormento ch'è profonno.
E s'era l'omo giusto?
Se poi annava tutto a posto?

ste domande 'n c'hanno 'n costo,
dentro fanno 'n bel trambusto.
Se c'hai ancora er batticòre
abbandona ogni timore.

Potrebbe esse' er primo amore
oppure scopri ch'è 'n erore.
Si nun vivi nun lo sai,
si nun vivi sono guai!

La nostalgia de Roma me fa 'st'effetto...e 'n pensiero pe' conclude:
Nun ce sta 'na via demezzo pe' 'n'emozione: o ce sta o nun ce sta....quante vorte hai scritto "te vojo bene" co le mani che te tremavano e l'occhi gonfi de lacrime??